Non piacevi a nessuno, eppure nessuno aveva avuto il coraggio di liberarsi di te. Quando ci chiedevano, rispondevamo: un nostro antenato!
Te ne sei stata per tutto questo tempo a prendere pioggia sul fondo scuro di alberi e arbusti, e un sorriso all’ingiù.
Da piccola mi chiedevo perché un’arancia in mezzo a una foresta e perché il tuo sorriso era alternativamente innocuo e malevolo. Passandoti accanto, avevo imparato a guardarti senza che te ne accorgessi (avevo paura che ti arrampicassi sui muri).
Ne avevi passate di tutte i colori: un altro bambino aveva trafitto il quadro, complice l’arma del padre generale, lasciando una cicatrice sulla tela, riparata in gran fretta (e silenzio).
Qualcosa si intravede ancora.
Le cose che ci portiamo dietro, trasloco dopo trasloco, hanno un compito (una bilancia rotta e stanca, l’automobilina di latta rossa e blu di uno zio, la grande elica di legno appesa al muro, un frammento di fulgurite, l’Enciclopedia Universale). Me lo hai sussurrato tu stamattina: noi dobbiamo puntellare i ricordi più lontani, lo sai, sono quelli che, non a caso, se ne vanno per ultimi, tenendovi il più possibile legati al mondo.
Sono anche quelli che affiorano più tardi, ha aggiunto guardandomi con una punta di malignità (sarà per questo che da qualche tempo ha lo sguardo di una che si sente importante).
Chissà se di notte sogna di andare oltre la foresta pietrificata e di vivere dalla nostra parte, o ha paura della casa successiva: non potrebbe protestare, lì c’è poca luce, non voglio stare nello sgabuzzino, la parete è a nord, troppo umida, no, non mettetemi nella stanza degli ospiti ché sarei troppo sola.
Mi chiedo come attraverserà le case di chi verrà dopo di me, come sarà accolta, se stabilirà alleanze inconsapevoli, come proseguirà il suo compito, se si limiterà ad aiutare una parete a uscire dal destino di una tragica simmetria.
Ma non dirmi più che puoi solo guardare e non partecipare.
io ho un giudice, un antenato, uno con una bella parrucca bianca tutti riccioloni, una fronte di un paio di metri e un naso da prenderci gli assegni familiari. è un olio e l’ha dipinto mio nonno da ragazzo. l’abbiamo messo in uno stanzino. ce lo giochiamo a bussolotti io e i miei fratelli a chi se lo deve pigliare. il giudice
con un minimo di sforzo potrebbe darti una mano, chessò, in cucina.. o lavarti l’auto una volta ogni tanto..
Certo che ci vuole grande abilità per riuscire a guardarla senza farsene accorgere.
Forse, come nei canocchiali, con un sistema di specchi?
“aiutare una parete ad uscire dal destino di una tragica simmetria” è un compito nobile e una gran bella frase! Ciao,monica
Sono rimasto anch’io irretito dalla dreadful symmetry di quel finale (e dal babbuino sono scivolato tra le striature di una tigre rappresentata nei bordi di un altro quadro).
Chissà cosa fa la notte questa scimmia. Quando tutti dormono, mi piace pensare che esca fuori dal quadro, controlli la posta elettronica (le scimmie sono molto più evolute di quanto pensiamo), si faccia un giretto per casa, oppure sgattaioli sul tetto, e sospesa su una grondaia osservi la giungla-città illuminata da una pallida luna…
Bravissima Lucia
Crono uscì di casa e disse:
– Tempo di parole clementi… –
e uscì la scimmia,
dal quadro.
Lucia e la Scimmia
sgattaiolarono,
nella notte fonda.
la ascimmia
rampicava
tutto:
a scalare e,
ridiscendere,
frenetica,
veloce come
una saetta.
le Parole dissero:
siamo qui,
ti teniamo
nostra
amica…
ma le parole
fuor di bocca
volteggivano
e picchiavano
in lungo, sui binari
…ostaggio
o forse
prigioniera
nostra signora
che tu sia
che tu non sia
in questo specchio
di parole guardiane
di mille
e,
niuna
rivoluzione.
(‘o core tumm tumm
sbatte sotto ‘e tallune)
parole di parole
tra la scimmia
e il frutto…
forse…
proibito.
parole,
di parole,
parole guardiane.
la scimmia s’inabissò
in fondo al mare
alla ricerca del tesoro
dei pirati
che il cuore parli
e
non taccia,
a fronte e a monte,
nella dismissione
delle parole guardiane.
Scarpa.
Ciao.
Una specie di correlativo oggettivo, puntellare i ricordi puntellando un dipinto alla parete. E ci si chiede cosa ne sarà di esso, quando la questione che più preme è “cosa ne sarà di noi”.
Nel migliore dei casi, i ricordi ci sopravviveranno.
Fuoridaidenti:
mi viene in mente una scimmia col parruccone da giudice
Iggy: figurati, quella pare dipinta
Arden: Galileo? ;)
Monica: qualsiasi quadro io appenda ha purtroppo questo effetto: sono sempre storti
Aitan:
sento che la tigre se la passa meglio
RedCamp:
spero anch’io che esca dal quadro ma abbia qualcosa di meglio da fare che imitare gli umani e controllare la posta elettronica
7: grazie (ma, chi sei? tanto qui non passa quasi nessuno, resta un segreto)
ciao Scarpantibus, sempre bello leggerti
le parole guardiane
(e stasera pizza)
Undu:
the burial of the dead (sto ascoltando una strana versione audio)
quel primate deve venire dallo stesso posto da cui sono arrivati alcuni suoi simili che si sono fermati da me. quadri, ma anche oggettini che accarezzo, incapace di penetrarne la memoria, che immagino grande. alcuni si porteranno via anche me, e sta bene.
bello!
io sono il raccoglitore ufficiale di tutti gli ammenicoli di famiglia, io non posso dimenticare, sono la memoria collettiva.
E’ una scimmia bellissima.
grande classe, come sempre
Sinforosa,
raccogliamo (sarei curiosa di conoscere la tua raccolta)
Enrico:
eh, la classe di un primate ;)
Varasca:
calma calma, è prestino per te!
quando le sponde
s’incontrano,
dirimpettando,
il fiume
scorrendo
gli argini
invaderà.
Scarpa.
è ora di ricomparire!
“un attimino” :o)